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Biografia e Attività

Lilloni Umberto

(Milano, 1 marzo 1898 – Milano, 15 giugno 1980) è stato un pittore italiano.

Nacque a Milano il 1° marzo 1898 da Francesco, mobiliere, e da Adele Ottazzi. Si formò all’Umanitaria, scuola professionale per artigiani e nel 1915, superata l’ostinata opposizione paterna, si iscrisse all’Accademia di belle arti. Suoi insegnanti furono O. Bignami e C. Rapetti, esponenti della cultura lombarda ottocentesca, tra innovazione scapigliata e resistenza accademica. Interventista convinto, allo scoppio della prima guerra mondiale il L. interruppe gli studi e, nel febbraio 1917, entrò a far parte dei reparti d’assalto di fanteria; combatté sul San Marco, nella piana di Gorizia, a Vittorio Veneto, e si fregiò di due decorazioni. Nel 1919 concluse gli studi superiori e nel 1920 si iscrisse al primo corso di pittura dell’Accademia di Brera, dove, con la frequentazione delle lezioni di C. Tallone e di A. Alciati, completò la sua formazione scolastica nell’alveo della pittura lombarda tardoromantica. Nel 1921 l’Accademia gli conferì il premio della Fondazione Mazzola e l’anno seguente, licenziandosi da Brera, si aggiudicò con un nudo femminile (coll. R. Lilloni) il 1° premio alle Olimpiadi universitarie di Roma e il pensionato Hayez con il dipinto Nudo sdraiato di donna.

Le prime opere del L. mostrano uno spiccato interesse per la figura umana, in particolare per quella femminile, di cui il L. ricerca l’individuazione psicologica mediante la concentrazione sui tratti fisionomici, come si vede per esempio nell’intenso volto di Mariuccia (1925), sua futura moglie. La cultura del ritratto romantico e la tradizione verista lombarda lo portarono a fissare nei volti delle contadine (Ragazza medolese e Contadinella medolese, 1922, coll. R. Lilloni) dagli occhi sognanti puntati sullo spettatore, tipi femminini che ben presto sfoceranno nell’icastica icona di una novella Eva, più volte reiterata in numerose varianti.

Il L. insegnò disegno dal 1924 al 1927 all’Umanitaria e fino al 1941 al liceo artistico di Brera e alla Scuola superiore degli artefici; infine passò a Parma dove fu docente fino al 1962 di decorazione pittorica all’istituto d’arte Paolo Toschi. Nel 1926 sposò Maria Luigia Ghisleni, Mariuccia; quello seguente fu l’anno della nascita della figlia Adele e del premio principe Umberto alla Biennale di Brera con Figura di vecchio o L’uomo rustico (Locarno, coll. privata).

Margherita Sarfatti ne Il Popolo d’Italia (21 ott. 1927) elogiò il “mirabile pezzo di pittura, concepito con larghezza, eseguito con ferma dignità e con espressivo carattere”.

Il L. a quella data aveva volto in senso novecentista la matrice realistica della rappresentazione, che egli definiva “la sua prima maniera”, per addentrarsi nella regione simbolica e più introspettiva della figura umana. Così nell’autunno del 1929, dopo aver partecipato nella primavera con due opere (L’uomo dal martello, 1927, coll. R. Lilloni; Figura di donna, 1928) alla II Mostra del Novecento italiano, accolse l’invito di Pier Maria Bardi, che gli propose di allestire la prima personale presso la sua galleria milanese. Sempre nel 1929 nacque il secondogenito, Luciano; l’ultima figlia, Renata, così chiamata in omaggio all’amico pittore e collega di Parma, Renato Vernizzi, nascerà nel 1946.

Il L. partecipò alle Biennali d’arte di Venezia dal 1928, quando presentò Ragazza bionda e Ragazza bruna (coll. R. Lilloni), fino al 1936 e poi ancora nel 1940, nel 1942 e nel 1952; dal 1928 al 1933 prese parte alle mostre del Sindacato regionale fascista di belle arti di Lombardia, presentando nel 1933 Marina ad Arenzano (palazzo della Provincia di Milano), Bagnante nuda e Paesaggio ligure. Dal 1934 al 1938 partecipò a tutte le manifestazioni della Mostra interprovinciale fascista di belle arti di Milano.

Gli anni fra le due guerre furono fervidi di lavoro e di riconoscimenti nazionali: nel 1934 ottenne il premio del legato “Sallustio Fornara” con L’Entella a Chiavari e nel 1937 con Specchio, in occasione delle esposizioni sociali della Permanente di Milano (entrambi a Milano, Civica Galleria d’arte moderna). Prese parte alle Quadriennali romane dal 1935, quando presentò Nevicata, Alberi a Lavagna (Roma, Galleria nazionale d’arte moderna), Cattedrale di Lavagna (dipinti acquistati dal re), fino al 1943. Nel 1939 partecipò alla prima edizione del premio Bergamo con le opere Strada di Bergamo (coll. R. Lilloni) e Sulle rive dell’Adda.

Negli anni Trenta si era consumato il distacco da Novecento e il L., con A. Del Bon e V. Ghiringhelli, entrò nell’orbita di E. Persico, che dal 1929 accoglieva attorno alla galleria Il Milione i giovani pittori che eludevano la retorica novecentista interpretando in senso moderno il richiamo alla pittura delle origini.

Nello spazio milanese del Milione il L. allestì nel 1933 la sua seconda personale, dopo aver esposto, nel dicembre 1931, con O. Bogliardi e Ghiringhelli nella Galleria d’arte di Roma di P.M. Bardi in via Veneto. Il L. coniugava istanze coloristiche lombarde, declinate sulla esuberanza vitalistica della pittura di E. Gola, con l’arte dei primitivi toscani, formulando una narrazione dove il sincretismo di forma e colore era funzionale alla messa in scena di favole arcadiche.

Intanto nei soggiorni presso la casa paterna di Medole, e da lì con un passaggio da Castiglione delle Stiviere verso la sponda bresciana del lago di Garda, sperimentava la pittura in chiaro che l’amico Del Bon nel 1933 aveva inaugurato dipingendo su una preparazione ancora umida a base di ossido di zinco. Sin dal 1935 L. Borgese definì questa tecnica, che moltiplica le trasparenze cromatiche e la restituzione percettiva al limite della liquescenza, con il termine di “chiarismo”.

Negli anni Quaranta il L. giunse a un grado di maturazione interpretativa del paesaggio e della figura che fondeva tendenze orientaleggianti (Paesaggio orientale, 1944, coll. R. Lilloni) con influssi postimpressionisti rivisitati attraverso la scuola di Parigi, fino a una sorta di sospensione metafisica alla F. De Pisis.

Si infittirono anche i calendari espositivi, fatto salvo un periodo critico alla fine del secondo conflitto mondiale, quando il L. fu processato per la sua adesione al fascismo e sospeso dall’incarico di docente, nel quale fu reintegrato nel 1948. Intanto aveva ricevuto nel 1946 il premio Burano e dal 1948 (fino al 1954) si dedicò al ciclo di Bardonecchia. Nel 1949 ottenne il premio Michetti di Francavilla al Mare e nello stesso anno, su consiglio dell’amico C. Cardazzo, intraprese un viaggio in Danimarca e in Svezia: soggiornò alcuni mesi a Stoccolma e realizzò una serie di diafani paesaggi, quasi una rivisitazione delle vedute nordiche seicentesche, che ordinò nel dicembre a Milano presso la galleria L’Annunciata. Nel 1952 presentò una serie di vedute storiche e moderne su Milano. Nel 1955 presentò una cinquantina di dipinti al centro artistico S. Babila; l’anno successivo, quando ricevette il premio Marzotto, organizzò all’Annunciata una personale costruita sul tema dei boschi.

Spostato il suo punto di vista sull’Appennino parmense, trascorse le estati a Corniglio e a Bosco di Corniglio, in un paesaggio che gli diede modo di esprimere l’energia vitalistica dell’esistente nella fusione degli elementi naturali, mediante quel tipico punteggiare cromatico di pennello che resta una delle cifre cardine della sua pittura.

Nel 1966, sempre la galleria L’Annunciata organizzò un’antologica con più di cento opere, e nello stesso anno il circolo La Rovere di Mantova inserì venticinque sue opere nella rassegna dedicata al chiarismo. Nel 1968 il L. fu insignito del titolo di accademico di S. Luca. Nel 1972 la galleria Schubert di Milano, dopo la personale del 1969, presentò un’ampia selezione antologica di nudi e di figure dipinti dagli anni Cinquanta dal L. nel suo studio di Parma.

Nel 1973 si trasferì in Svizzera, a Lugano, da dove si allontanò spesso, per recarsi in Francia, Germania e Olanda alla ricerca di soggetti pittorici; ammalatosi decise di tornare a Milano, dove morì il 15 giugno 1980.

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